Nessuno e niente scompaia
a cura di Raffaele Gavarro
In più di un’occasione il filosofo francese Jean-Luc Nancy ha affermato che l’aspetto rilevante di molte opere di oggi si trova “nella ricerca, nel desiderio o nella volontà di senso”.
Ho sempre pensato che questa dichiarazione contenesse molte delle riflessioni che hanno portato alla realizzazione di tante opere degli ultimi decenni, dove è costante e forte “un desiderio infinito di senso”. Non risolvibile. Non appagabile, evidentemente, anche se non sono mai stato dell’idea che questa ricerca fosse o dovesse essere sganciata da quella di senso sulla e nella realtà, intesa nella complessa totalità di tempo e spazio in cui di volta in volta agiamo. E questa credo sia anche l’idea di Nancy. L’arte cambia perché il mondo, la realtà cambia. Semplicemente. Forse anche viceversa, in modi che però non sono senz’altro ascrivibili alla logica di causa-effetto che domina la narrazione (divulgativa) del mondo. Ma è esattamente questo che chiediamo all’opera d’arte, una volta che questa è conclusa e completata al mondo, e cioè che si incontrino quel senso da essa e da noi tanto “ricercato”.
Nessuno e niente scompaia è dunque l’inevitabile richiesta che facciamo oggi all’opera d’arte, anche quando non la facciamo con questo tono diretto e perentorio. In un tempo, infatti, in cui la scomparsa è un’opzione di salvezza e di libertà, ma nondimeno testimonia anche la negatività della perdita, quello che chiediamo all’opera d’arte è una presenza che testimoni quanto non è più, o forse non è ancora, visibile.
Nessuno e niente scompaia, parte e prende forma da un’opera “politica” di Fabio Mauri (Roma 1926 – 2009), Vomitare sulla Grecia del 1972, che è il primo “multiplo politico” di una serie di installazioni e azioni artistiche che dureranno fino al 1973 e che saranno raccolte nel libro d’artista Der Politische Ventilator. Si tratta di un’installazione che esprime una decisa e propriamente viscerale contestazione al regime fascista dei Colonnelli che governò la Grecia dal 1967 al 1974. È forse uno dei lavori politici di Mauri meno conosciuti e tra i più caratterizzati dagli eventi del tempo in cui fu realizzato. Oggi torna a noi con una forza d’attualità sorprendente e paradossale, in un modo che è proprio di quelle opere il cui stare profondamente nella realtà include un desiderio di senso, appunto, che le dispiega sulla realtà e naturalmente in tempi differenti.
Da questo lavoro di Fabio Mauri la mostra si è sviluppata attraverso relazioni e riflessioni di continuità con artisti e opere che hanno del tutto intenzionalmente creato un percorso della e nell’arte italiana. Un filo che messo nelle mani di Bruna Esposito (Roma, 1960) è passato in quelle di Raffaella Crispino (Napoli, 1979), Valerio Rocco Orlando (Milano, 1978) ed Eugenio Tibaldi (Cuneo, 1977), scelti tra gli artisti italiani attualmente più impegnati nella ricerca di senso che inevitabilmente comporta un coinvolgimento nella realtà che assume un carattere etico.
Raffaele Gavarro
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