L’Ultimo Invitato
Doppia personale di Luca Grimaldi e Giulio Bensasson
Curata da Giulia Tornesello
Maggio – Settembre 2024
L’Ultimo Invitato, la doppia personale che vede in dialogo le opere pittoriche di Luca Grimaldi (Roma, 1985) con le opere scultoree di Giulio Bensasson (Roma, 1990), è lo spaccato di una società senza tempo, una celebrazione in pompa magna del nulla.
Si è immersi in un’Arcadia dei vinti in cui la natura è ostentata e la fede è riposta ormai altrove, dove il contemporaneo disilluso erige altari votivi a quel che rimane e festeggia come può.
Nelle opere inedite esposte in mostra un decorativismo volutamente eccessivo e grottesco incornicia un’icona, sacralizzandola. Il quotidiano da cui arbitrariamente o inconsciamente allontaniamo lo sguardo viene posto al centro dell’opera acquisendo nuovo significato e forzando lo spettatore al confronto.
Nei dipinti ad olio di Luca Grimaldi la natura morta si ribalta: il fondo della tela si tassella di gradienti fittissimi in una razionalizzazione della macchia che contorna il soggetto principale che viene invece quasi svuotato dalla pittura. Iconico e centrale prende rilevanza il simbolo di ciò che ogni giorno incrocia il nostro occhio senza mai colpirlo davvero; la posizione monumentalmente centrale del soggetto impone di dargli importanza e al contempo le pennellate mancate riconsegnano il suo reale valore.
I dipinti in mostra prendono il riottoso carattere rivoluzionario dei post-impressionisti francesi, assumono la stessa sfacciatezza del Prosciutto di Gauguin al cospetto di critici e accademie, costringono all’interrogazione.
La ricerca di Grimaldi si articola alla maniera di Wayne Thiebaud: i suoi dipinti – soprattutto quelli in cui il fondo si fa incombentemente plumbeo – sono al contempo celebrazione e condanna del consumismo con una retorica articolata sull’American Dream all’Italiana, ben lontana dal Pop newyorkese. La sua tecnica resta – come per Thiebaud – saldamente legata alla tradizione dei grandi maestri della pittura classica.
I cinque nuovi lavori esposti si sviluppano dal progetto SuperVero, presentato dall’artista e dalla galleria 1/9unosunove lo scorso anno.
Le opere scultoree di Giulio Bensasson volumizzano le decorazioni grottesche augustee prima per svuotare quelle rinascimentali poi, caratterizzando la mancanza di quello che c’era o che ci si aspettava ci fosse. Un’opulenza posticcia che fa da sacrario alla polvere, a ciò che resta quando nulla è più. La morte si fa protagonista tra lo sfarzo degli eccessi e del consumismo della mondanità, e le sculture si fanno raffigurazione della Cena di Trimalcione (Petronio, Satyricon, I d.c.) nel momento esatto in cui tra i lauti banchetti e i riccioluti vassoi stracolmi, il padrone di casa – emblema del servo arricchito – declama la “Novella delle Streghe”obbligando i commensali a ragionare sulla morte.
Nella forma le sculture di Bensasson si presentano come motivi architettonici classici ordinati secondo le linee pulite del contemporaneo, seguendo i criteri operativi di Giovanni Da Udine e Giulio Romano nella composizione delle Logge di Villa Madama a Monte Mario.
Allo stesso modo, i lavori su carta consolidano la ricerca dell’artista e si presentano come ulteriore evoluzione delle precedenti opere della serie Temo che mi sfugga qualcosa (iniziata nel 2017), sudari di salme di fiori recisi; in queste nuove opere la traccia della morte e della decomposizione si armonizza in motivi a grottesca generando nuova bellezza e accogliendo l’invito di Come Funghi(2017-22; opera vincitrice del Talent Prize 2023), un augurio a trasformare il decadimento in incanto.
Giulia Tornesello