Guido Guidi
Le Corbusier – 5 architetture
a cura di Andrea Simi
La serie di fotografie di Guido Guidi di alcune opere di Le Corbusier costituisce un progetto di lettura dell’opera del maestro nato all’interno di un progetto editoriale elaborato con l’editore Einaudi nell’ambito della collana ‘I millenni’, diretta da Mauro Bersani, che presenta le grandi opere letterarie. Il volume è stato pubblicato nel 2003 con il titolo Le Corbusier, Scritti, a cura di Rosa Tamborrino, Fotografie di Guido Guidi.
Le fotografie di Guido Guidi sono parte integrante del progetto editoriale fin dall’inizio e contribuiscono al volume con un percorso di riflessione intorno a alcune opere scelte. In un contesto di creazione, nessun inserimento illustrativo sarebbe stato coerente, né alcuna fotografia di architettura immaginabile. Guido Guidi è l’artista che con una macchina fotografica dialoga con l’architetto-‘homme de lettre’, come Le Corbusier amava presentare se stesso: entrambi consapevoli del profondo valore interpretativo del vedere.
In un volume dedicato a uno scrittore che costruiva i suoi libri per collage di testi e di immagini, l’opera di Guido Guidi traccia un ritratto dell’architetto per frammenti. Visioni parziali, nient’altro che dettagli e, tuttavia, dettagli che si rivelano ermeneutici.
I soggetti sono stati scelti da Guidi in un possibile lungo elenco di edifici e incrociano in totale autonomia i temi proposti dal saggio introduttivo. Le esplorazioni a margine della grande opera, negli archivi come negli itinerari della fotografia, hanno portato verso ricerche su opere allora poco note. Le riprese di Guidi ne rivelano alcune (la fabbrica Duval) pressoché per la prima volta.
L’opera di Guidi nata da questo progetto però è ben più ampia di quella entrata a far parte del volume. La presente esposizione presenta, per la prima volta, un’ampia selezione del progetto di lettura di Guido Guidi di Le Corbusier. Rispetto alla selezione einaudiana, seppure generosa, nella mostra trae evidenza, non solo quantitativamente ma piuttosto nelle sue sfaccettature, un progetto ampio e alcune chiavi di lettura.
E’ l’Usine Duval, la fabbrica per la manifattura Duval a Saint–Dié des Vosges nell’immediato secondo dopoguerra (a partire dal 1946) a rivelarsi un cantiere straordinario per Guido Guidi almeno quanto per Le Corbusier.
L’insistenza con cui Guidi inquadra i particolari di un luogo, i materiali che si accostano nella costruzione, i colori che disegnano gli spazi, insieme alle annotazioni appiccicate ai muri, o ai contenitori dei tessuti della produzione, entra profondamente nel merito di un lavoro che Le Corbusier aveva concepito per una fabbrica diversa una ‘usine verte’, come aveva scritto ne La Ville radieuse.
Frammenti fotografici definiscono l’articolazione dei grandi volumi, delle geometrie pure, disegnate da contrasti di colore, dal gioco che pieni e vuoti, dal ‘pan de verre’, la prima parete tutta vetrata di Le Corbusier alla Cité de Refuge (completato nel 1933). L’inquadratura insistita invita a pensare segni e spazi – di cui risulta enfatizzata la percezione tridimensionale – fissando gli istanti repentini del loro apparire allo sguardo in riprese ‘lente’ che denotano, cioè, minimi slittamenti del punto di ripresa.
La serie di case si confronta con un tema architettonico radicalmente messo in discussione da Le Corbusier in favore di un’innovazione dell’idea di abitare.
Il lavoro di Guido Guidi, piuttosto che soffermarsi sui simboli di un vocabolario, scruta con apparente semplicità segni che si rivelano tracce di un pensiero. Di Le Corbusier emergono indizi di una ricerca incessante.
Testo di Rosa Tamborrino
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