Philomene Pirecki
c/o
Jamie Shovlin
secondo appuntamento del ciclo c/o – an alternate correspondence a cura di Marianne Derrien
c/o – an alternate correspondence è un ciclo di quattro mostre presentato da 1/9unosunove da marzo 2014 a febbraio 2015 curato da Marianne Derrien. Ognuno degli appuntamenti è basato sulla corrispondenza fra due artisti attraverso le loro affinità, le loro riflessioni comuni e il loro desiderio di associare o di confrontare le rispettive pratiche artistiche.
Come secondo appuntamento per sperimentare le forme alternate e alternative di corrispondenza, l’artista inglese Jamie Shovlin (vive e lavora a Liverpool) invita l’artista inglese Philomene Pirecki (vive e lavora a Londra) a condividere lo spazio della galleria. Mettere a confronto le espressioni siano esse di natura estetica o politica è il fil rouge che lega Jamie Shovlin e Philomene Pirecki e la loro riflessione sul rapporto tra tempo, storia e rielaborazione. Le opere dialogano e mettono in luce sia il processo di creazione sia l’atto di mostrare, analizzando il legame tra ciò che è ri-fatto e l’azione del ri-fare. Le opere in mostra esplorano le possibilità di compressione delle immagini e delle fonti, nonché le modalità attraverso le quali il tempo costruisce le immagini e la loro esistenza parallela.
Jamie Shovlin “manipola gli onnipresenti meccanismi dei media contemporanei alla ricerca delle modalità attraverso le quali gli eventi storico-culturali divengono fatti e le testimonianze discutibili fonti di informazione”. L’artista s’interroga costantemente su questo paradosso: in che modo il passato fa riferimento al futuro, la nozione di ieri chiama in causa quella del domani? Le opere e i precedenti progetti di Shovlin presentano un continuo equilibrio tra verità e finzione, realtà e invenzione, storia e memoria. Come un “instancabile falsario”, l’artista ha costruito enormi archivi apparentemente reali, che si sono poi rivelati elaborate costruzioni fittizie.
Il recente lavoro di Shovlin si concentra su una selezione di nuove opere, tra le quali dipinti, una serie di disegni, installazioni video e murali site-specific che discutono la realizzabilità dell’archiviazione analogica nell’era digitale. I dipinti e i disegni ricorrono alla serigrafia per la costruzione e la decostruzione delle immagini; un processo di stampa concepito come mezzo attraverso il quale la produzione di fotografie avviene senza dover utilizzare direttamente le mani, così i dipinti rivelano la dissonanza tra i livelli del processo di verniciatura e stampa.
Shovlin s’interpone alla realizzazione “perfetta” di tale processo. Le immagini sono danneggiate, dipinte, verniciate con spray e oscurate. L’artista crea una nuova superficie come fosse una sorta di palinsesto degradato del processo pittorico. Le sue opere sono costantemente realizzate attingendo a una dimensione narrativa e utilizzano il trasferimento di immagini provenienti da fonti differenti. Tali differenze nella nozione di produzione, comprensione e contestualizzazione del ritocco e trasferimento della propria fonte sono alla base delle molteplici derivazioni dall’oggetto originale nel disegno – come per esempio, immagini di altre opere d’arte e dettagli di mani nelle statue classiche rinascimentali.
Al centro dei numerosi livelli esistenti tra il soggetto, la fonte e il ri-produttore, il lavoro di Philomene Pirecki è rivolto al “movimento perpetuo del tempo e alle sue molteplici percezioni e registrazioni”. Nelle opere della serie Reflecting – per questa mostra, un fotogramma non riuscito, uno danneggiato e uno spazio vuoto sul muro dello studio dell’artista –, Pirecki crea una genealogia virtualmente infinita di scatti attraverso la rifotografia dei lavori Reflecting in studio prima che essi abbandonino tale spazio per essere presentati in mostra.
Questa seconda generazione di immagini viene a sua volta fotografata in situ prima della fine della mostra, divenendo così la nuova generazione, che sarà poi rifotografata nello studio dell’artista, in occasione di altre mostre e producendo in tal modo una nuova versione da esibire. Accumulando ricordi visivi, ogni successiva generazione è un processo di eliminazioni, aggiunte e sottrazioni attraverso il quale è l’ambiente a influenzare l’immagine. Muovendosi tra originali e copie, spesso ritraendo il proprio lavoro per dare vita a nuove e diverse iterazioni all’interno dello studio e dello spazio espositivo, Pirecki esplora la nozione di prossimità.
Analogamente al processo mnemonico, l’artista ricerca il modo in cui le immagini agiscono, imprevedibilmente, accumulando, resistendo, mutando o scomparendo. La serie Image Persistence consiste di fotografie di dipinti che Pirecki non possiede più e che sono stati fotografati direttamente dalla propria immagine digitale sullo schermo del computer, riportando qualcosa che è fisicamente assente a una distanza ridotta, anche se in una nuova forma materiale.
Come un campo pieno di tensioni, i dipinti, le installazioni e le fotografie di Pirecki sottolineano la loro relazione con lo spazio e il contesto, e rivelano gli aspetti fisici e concettuali del processo di creazione artistica. I lavori sono una riflessione sulla miriade di processi di produzione tecnologica, digitale e artigianale. In questo doppio movimento su superfici vuote, tra ricordi passati e prodotti attuali del proprio lavoro, le opere murali di Pirecki sono sperimentazioni sull’infinita genealogia di reminiscenze visive. La ricerca dell’artista rivela il divario tra immagine, tempo e parola relative a uno stato potenzialmente incompiuto del lavoro. Pirecki e Shovlin propongono una nuova archeologia, o un altro destino delle immagini tra passato, presente e futuro.
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