Paul Harbutt
Anatomy
Come Ulisse ritorna a casa, Paul Harbutt ritorna su queste sponde carico di sorprese dopo una lunga assenza. Molto è cambiato dalle esuberanze giovanili che caratterizzarono la sua prima mostra personale a Roma nel 1976. Le sue nuove opere vibrano di originalità grazie ad un uso sorprendente di nuovi materiali. Un sapiente controllo intensifica ogni sfumatura di questi originali lavori. L’ironia, come alcuni dei materiali utilizzati, mitiga/stempera l’intensità di alcuni dei temi di sottofondo più seri. Oscillando tra emblemi geroglifici, affreschi e cartelle anatomiche, queste opere sono schizzate di umorismo e di un ironia mordente.
Questi recenti lavori riflettono su questioni della nostra mortalità ma non risultano mai aspri o malinconici. Non trattano di disperazione o futilità, ma dello svelare le paure nei confronti dell’inevitabile futuro. In modo poetico e divertente Harbutt dimostra come la vita sia scioccante e meravigliosa allo stesso tempo e come la morte possa essere piena di possibilità infinite e sorprendenti. Paul Harbutt si spinge fino a chiedersi se si tratta di una vera e propria fine o solo dell’inizio di una nuova Odissea, in cui tutto è ridotto alla sostanza fondamentale e riplasmato e riutilizzato eternamente.
Le tele usate sono coperte da vecchie cartine scolastiche. Quando l’immagine del dipinto è eccessivamente descritta, delle eco di queste cartine emergono in superficie. Strutture di cellule, parti anatomiche, tabelle scientifiche sono gli elementi che Harbutt lascia sopravvivere nel dipinto finale. Riaffermano l’idea che mentre la vita passa e si decompone essa si reinventa continuamente con una chiarezza rinfrescante. Con grande aplomb Harbutt salta avanti e indietro, a destra e a sinistra nella storia dell’arte. Niente è sacro. Ogni stile e movimento sono un gioco per questo superbo ed alchemico atto da giocoliere tenuto in riga da una mano virtuosa che riesce a mescolare tanti elementi in una complessa ma chiara immagine.
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