Paola De Pietri
Apèrto
La mostra “Apèrto” raccoglie lavori che Paola De Pietri ha realizzato nel corso di un ventennio, spaziando dalle fotografie in bianco e nero di grande formato della serie “Questa Pianura” (2004, 2014-17) alla serie dei “Dittici”, di dimensioni più piccole e a colori, che risalgono al 1997.
La parola apèrto è il filo conduttore della mostra nei suoi significati di: non chiuso; di cose o attività cui si è dato inizio e che sono perciò in atto, non ancora concluse; di cosa il cui esito è indeciso, quindi ancora imprevedibile, o impregiudicato; ampio, spazioso; all’aria libera, in luogo non chiuso, non coperto o riparato.
Tra le immagini quella di un uomo steso su una piattaforma sul lago che sembra avere ceduto all’urgenza di esporsi al sole a braccia aperte nell’aria immobile tra il pneumatico e le scarpe nere bene ordinate sul fianco.
Il paesaggio e i ritratti sono qui fortemente influenzati da una percezione sensoriale, vitale, atmosferica connessa al ciclo annuale e al passaggio del tempo; sia quando nei paesaggi si possono scorgere legami ‘cosmici’ come l’ombra che si allunga su una collina e che ricorda la rotazione terrestre, sia nel microcosmo dei rami invernali appesantiti da blocchi di ghiaccio, sia nell’evoluzione di una nuvola temporalesca che cambia forma e colore nel volgere di pochi istanti.
Nelle immagini della serie “Questa Pianura” (2004, 2014-17), che rappresenta quasi una ricerca archeologica, la scomparsa della civiltà contadina ha lasciato sul terreno case coloniche in disfacimento e alberi isolati che privi delle loro funzioni originarie sono percepiti come le parole rimaste di un discorso frammentario di cui non è più possibile cogliere il senso complessivo. Sono immagini totemiche dove il tempo se da un lato sgretola le costruzioni rendendole quasi sculture, gli alberi cercano di recuperare la loro forma originaria.
Nella serie dei “Dittici” infine una o più persone sono riprese due volte a pochi istanti di distanza nell’attraversamento di uno spazio nel compimento di un percorso. “Le storie sono minime, appena percettibili, e idealmente infinite. Ognuna di esse è contemporaneamente irripetibile e del tutto priva di significato: regolata dalla scansione temporale imposta dalla duplice immagine, si riferisce però a un tempo in qualche modo sospeso e assoluto, assurdo“. (Roberta Valtorta)
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