Glendalys Medina
Colin Snapp
La galleria 1/9unosunove è lieta di annunciare le mostre degli artisti Glendalys Medina e Colin Snapp.
Glendalys Medina (Porto Rico, 1979)
Glendalys Medina è un’artista concettuale interdisciplinare che esamina i sistemi culturali, la psicologia, la ripetizione e l’auto trasformazione. La mostra è l’occasione di presentare per la prima volta in Italia The Shank, un progetto nel quale l’artista documenta e insegna a se stessa i vari elementi fondamentali della cultura Hip-Hop: fare il MC o il DJ, ballare la breakdance o scrivere graffiti. Glendalys Medina ha iniziato The Shank per scoprire le proprie potenzialità nascoste e diventare o fare quello che desiderava, attraverso la pratica, l’allenamento, la risoluzione delle sfide. “Shank” è una parola gergale che si riferisce a un coltello rudimentale, fatto in carcere e nei quartieri poveri delle grandi metropoli. Con una nuova identità, l’artista vuole servire da modello per tutti quelli che vogliono fuggire dalle categorizzazioni, scoprire veramente se stessi e ricreare la propria identità.
I lavori in mostra sono legati alla pratica dei graffiti. Il video “Cut Project” documenta il suo primo tag alla Gagosian Gallery di New York e “BlackGold Video Tag Diary” è una raccolta di film pubblicati on-line che documentano i suoi interventi mentre posa la sua firma “BlackGold” nella città di New York. I grandi disegni presentati fanno parte della serie “Alphabet Series”: ogni disegno è una lettera interpretata nello stile dell’artista. Glendalys Medina usa due stencils come matrici di linee per costruire le composizioni delle lettere, i cui motivi riprendono le forme basiche del Boombox, ovvero uno stereo portatile, quintessenza della cultura Hip-Hop. Durante la serata di inaugurazione, Glendalys Medina farà una performance “posando” la sua firma sui muri della galleria.
Colin Snapp (Lopez Island, WA, 1982)
In un mondo dove la tecnologia ci relega ad oggetti – “osservatori osservati”-, dove l’esperienza ordinaria è comunemente infiltrata dai media, l’azione di isolare una vita organica diventa da un lato aneddotica, un souvenir da presentare al mondo per dire “c’erò” e dall’altro lo spettacolo della natura che cresce, assolutamente distaccato di un coinvolgimento partecipativo. Si dice che una delle funzioni dell’arte è di interrompere l’apparente trasparenza tra il soggetto che guarda e l’oggetto osservato e Colin Snapp, con la sua serie di fotografie TC Studies, si interroga su quanto le immagini possano preservare la presenza vitale di quello che necessariamente rappresentano.
Le fotografie in mostra derivano da estratti di video che riprendono diverse varietà di piante. L’artista ha creato questi lavori fotografando lo schermo LCD (il “view finder”) della sua macchina fotografica e poi stampando lo scatto in proporzioni spettacolari. Questa ricerca è la continuazione di un precedente progetto intitolato “Panorama” in cui Colin Snapp ha filmato per mesi la vita e la natura nei parchi nazionali americani. La maggior parte del girato si è rivelato essere un film di visitatori che riprendevano, a loro volta con le proprie videocamere, gli stessi scenari naturali. In questo senso il view finder, lo schermo di controllo della camera, diventa una specie di terzo occhio, ben visibile e presente nel contesto naturale.
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